Le regole di finanza pubblica degli enti territoriali: dal patto di stabilità interno all’equilibrio di bilancio
Le regole di finanza pubblica degli enti territoriali: dal patto di stabilità interno all’equilibrio di bilancio
La stabilità e la crescita di un paese sono diretta conseguenza della politica economica e di bilancio tanto di livello nazionale quanto di livello locale. La legge di bilancio 2019 ha introdotto notevoli modifiche in materia di finanza locale, in particolare tramite la revisione della regola del pareggio di bilancio per gli enti territoriali. Scopriamo come è cambiata nel corso degli anni la disciplina delle regole relative all’equilibrio di bilancio.
29 maggio 2019
Il patto di stabilità interno
Con il Patto di stabilità interno (di seguito PSI), introdotto dall’articolo 28 della legge n. 448 del 1998 (legge Finanziaria per il 1999), che lo definisce come un istituto diretto a disciplinare il concorso delle regioni e degli enti locali alla politica di risanamento dei conti pubblici, per la prima volta gli enti territoriali sono considerati soggetti attivi della politica economica nazionale. Centro e periferia assumono le medesime responsabilità in vista dell’ottenimento di un obiettivo comune.
Obiettivo regolato dal sistema di norme e principi di finanza pubblica introdotto per gli enti territoriali, e inquadrato dall’esigenza di rispettare gli accordi che l’Italia ha assunto con gli altri paesi dell’Unione Europea, prima con il Trattato di Maastricht, quindi con il Patto di Stabilità e Crescita. L’adesione al Trattato di Maastricht, infatti, prevede che ogni Stato membro risponda nei confronti dell’Unione Europea delle risultanze finanziarie di tutte le amministrazioni pubbliche ricadenti nel proprio territorio.
In questo quadro il PSI ha come obiettivo primario la responsabilizzazione delle regioni e degli enti locali verso il raggiungimento degli obiettivi posti all’Italia a livello europeo e mira a garantire allo Stato i necessari strumenti di coordinamento e controllo della finanza pubblica territoriale. Il concorso degli enti locali al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica assume il ruolo di principio costituzionale: l’articolo 119 della Costituzione, prevede, infatti, per i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni non solo l’obbligo dell’equilibrio di bilancio, ma anche l’obbligo di concorrere ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. Una responsabilità condivisa, appunto.
In che modo, tramite il PSI, gli enti territoriali concorrono alla politica economica nazionale?
In una prima fase, sia attraverso la riduzione del disavanzo finanziario sia attraverso la riduzione dello stock di debito pubblico. In merito a quest’ultimo vincolo, viene previsto l’obbligo di destinazione dei proventi derivanti dalla dismissione di partecipazioni mobiliari alla riduzione del debito.
Le regole del PSI sono state rese coerenti, mediante successivi interventi legislativi, con le impostazioni e la metodologia utilizzata dall’Istat per la valutazione dell’indebitamento netto. In tal senso, è cambiato l’universo di riferimento, diventando sempre più ampio:
- nel periodo 1999-2001, il legislatore ha impegnato tutti gli enti territoriali (ovvero regioni, province, comuni e comunità montane) alla riduzione del finanziamento in disavanzo delle spese e alla riduzione dello stock del debito;
- successivamente (2002-2004), la manovra correttiva ha riguardato solo le regioni, le province e i comuni con popolazione superiore ai 3000 abitanti;
- dal 2005 al 2012 il PSI si è rivolto principalmente alle regioni, alle province e ai comuni con popolazione sopra i 5000 abitanti;
- a decorrere dall’anno 2013, il PSI viene esteso anche ai comuni con popolazione sopra i 1.000 abitanti.
L’estensione delle regole alla quasi totalità dell’universo dei comuni nasce dall’esigenza di assicurare la condivisione degli obiettivi di finanza pubblica anche da parte degli enti di dimensioni minori, i cui equilibri di bilancio producono comunque, anche se in misura minore, effetti in termini di indebitamento netto. Sono state più volte modificate, inoltre, le modalità di calcolo dell’obiettivo programmatico, passando dal saldo tendenziale al saldo finanziario conseguito nell’anno precedente, alla limitazione delle spese correnti e in conto capitale, fino ad arrivare nel 2008 all’individuazione del saldo di competenza mista, inteso come somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti ed impegni (per la parte corrente) e dalla differenza tra incassi e pagamenti (per la parte in conto capitale) al netto della concessione e riscossione crediti, come saldo a cui applicare lo sforzo, in quanto proxy più vicina all’indebitamento netto. La regola del PSI è rimasta in vigore fino all’anno 2015.
Il superamento del PSI: saldo non negativo tra le entrate e le spese finali
Dal 2016, con la legge di stabilità n. 228 del 2015, è stato anticipato per tutti gli enti territoriali (regioni, città metropolitane, province e comuni) il saldo non negativo tra le entrate e le spese finali, così come definito dal novellato articolo 9 della legge n. 243 del 2012.
Il percorso di semplificazione avviato nel 2016 è stato, poi, consolidato con l’approvazione della legge 12 agosto 2016, n. 164, che ha apportato alcune sostanziali modifiche all’articolo 9 della richiamata legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibri di bilancio degli enti territoriali. L’articolo 1, comma 466, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017). L’articolo in parola ha previsto che per il triennio 2017-2019 nel saldo non negativo tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota rinveniente dal ricorso all’indebitamento. A decorrere dall’esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il Fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali.
Il superamento del patto di stabilità interno ha permesso di ridurre sensibilmente l’obiettivo di finanza pubblica degli enti e ha consentito loro di utilizzare l’avanzo di amministrazione, seppur in misura non superiore agli stanziamenti previsti per il Fondo crediti dubbia esigibilità ed i Fondi spese e rischi futuri di ciascun anno di programmazione, nonché per le quote di capitale di rimborso prestiti. Sono stati introdotti, poi, ulteriori strumenti di flessibilità per rilanciare gli investimenti sul territorio, da realizzare attraverso il ricorso al debito e l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti: le intese regionali e i patti di solidarietà nazionale. Le intese regionali devono, comunque, assicurare il rispetto del saldo non negativo, del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione. In analogia, i patti di solidarietà nazionali devono assicurare il rispetto del saldo non negativo, del complesso degli enti territoriali.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 247/2017 (poi confermata dalla sentenza n. 101/2018), è intervenuta sulle disposizioni in parola, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale avanzate dalle Regioni sull’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 2016 (saldo non negativo tra le entrate e le spese finali), ma ha espresso un’interpretazione, in base alla quale l’avanzo di amministrazione e il Fondo pluriennale vincolato non possono essere limitati nel loro utilizzo.
La semplificazione delle regole di finanza pubblica
A decorrere dall’anno 2019, con la legge di stabilità n. 145 del 2018 (articolo 1, commi 819, 820 e 824), nel dare attuazione alle sentenze della Corte costituzionale n. 247 del 2017 e n. 101 del 2018, è stato previsto che le regioni a statuto speciale, le province autonome e gli enti locali, a partire dal 2019, e le regioni a statuto ordinario, a partire dal 2021 (in attuazione dell’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regioni il 15 ottobre 2018), utilizzino il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel rispetto delle sole disposizioni previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (armonizzazione dei sistemi contabili). Tali enti territoriali, ai fini della tutela economica della Repubblica, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo.
Il quadro di riferimento per gli enti territoriali per quanto attiene ai vincoli di finanza pubblica risulta, di fatto, semplificato (superamento “doppio” binario – equilibri D.lgs. 118 del 2011 ed equilibri legge n. 243 del 2012) e chiaro nel medio-lungo periodo e dovrebbe, quindi, assicurare la necessaria stabilità alla base della programmazione degli enti per il rilancio degli investimenti sul territorio. Programmazione che assicura contestualmente, grazie ai principi contabili vigenti, i necessari equilibri di bilancio dei singoli enti territoriali e gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.